E' uno dei fotografi che ho seguito e studiato di piu' in questi anni. Americano, membro Magnum (di cui credo sia stato anche presidente) da tempo immemorabile, e' da molti definito un
photographer's photographer , perche' solo chi pratica il mezzo ha sufficiente esperienza per apprezzare l'impossibile complessita' dei suoi scatti. Profeta del colore, che usa come effettiva dimensione addizionale alle sue immagini (devoto alla Kodachrome sin quando la Kodak non l'ha soppressa, poi passato
reluctantly al digitale), delle luci forti (spesso quelle del tramonto), delle emozioni. Cio' che piu' lo contraddistingue e lo ha reso, di fatto, una leggenda vivente, e' il trattamento della complessita': immagini che appaiono una sorta di caos ordinato, molti soggetti (veri soggetti, non elementi dello sfondo), spesso disposti su piu' piani, utilizzo frequentissimo di frame nel frame, specchi, riflessioni, aperture, finestre, pali, ombre, tutto cio' che possa partizionare visivamente un'immagine e da cui spuntano magicamente persone o frammenti di persona. Citando a memoria (e quindi non testualmente) una sua intervista: "non si tratta di rappresentare questo e questo, ma creare immagini che contengano questo e questo e questo e questo e che tutto coesista contemporaneamente".
Fotolibri consigliati:
1) La sofferenza della luce. Una sorta di greatest hits della sua carriera. Imperdibile, soprattutto perche' disponibile (anche se non propriamente economico)
2) Istanbul, the city of hundred names. Praticamente introvabile a prezzi umani. Il lavoro in cui forse piu' di tutti ha battuto il tema della complessita', per rappresentare quella della citta'.
3) Hot light
4) Haiti
5) Crossings. Dedicato al turbolento confine Usa-Messico.
6) The violet Island (che poi e' Cuba), con la moglie
7) Memory City. Anch'esso disponibile. Anch'esso con la moglie. Titolo tratto dalle "Citta' invisibili" di Calvino. E' un lavoro su Rochester, sede del quartier generale Kodak fino al chapter 11
E ora qualche foto:
Per questa foto dentro un negozio di barbiere di Istanbul leggende non confermate narrano di dieci rullini di Kodachrome per trovare l'immagine giusta.