Jeanloup Sieff
Da giovane voleva diventare regista, ma fu un regalo di compleanno a cambiare per sempre la sua strada: una Photax nera di plastica.
Debutta come fotoreporter indipendente nel ’54 per poi venire assunto dalla rivista Elle, inizialmente come reporter per poi migrare rapidamente verso la fotografia di moda. Si dimette per migrare verso l’agenzia Magnum dove lavora per un paio d’anni prima di partire per New York.
Torna a Parigi dopo cinque anni e collabora con numerose riviste, come per esempio Vogue, Paris Match, etc. scrive libri e realizza esposizioni.
Se ne va in silenzio, in punta di piedi, quasi senza disturbare nel settembre del 2000.
Sieff è di diritto tra i miei fotografi di ispirazione, così come persona con cui confrontarmi nella vita di tutti i giorni. La sua semplicità, schiettezza ed essere al di sopra delle regole e dei preconcetti, ha fatto di lui un personaggio unico ed è stato il motore della sua geniale e anticonvenzionale fotografia dei tempi (e di oggi).
“Perché fate foto ?” – “Perché mi hanno regalato una macchina fotografia” era la sua risposta. Risposta banale ma sincera, ma lui stesso piano piano cambia modalità di risposta perché, come ben mette in evidenza “Quando vengono rivolte domande semplici si devono evitare risposte troppo evidenti poiché con molta probabilità non verremo presi sul serio”. Affermazione che dimostra ancora una volta la sua grande genialità nel raccontare e nell’approcciarsi verso l’esterno. Cambia, appunto, il modo di rispondere tanto che decise di proporre motivazioni metafisiche, come ad esempio “frenare la fuga del tempo” in tutte quelle interviste che riteneva essere poste con un tono minaccioso.
In realtà Sieff dice chiaramente quel’è il vero motivo. Dice: “E oggi, mentre frugo nel passato delle mie immagini e mi interrogo sul perché del loro esistere, devo di nuovo accettare quello che è stato il mio unico vero motivo di realizzare fotografie, … omissis…, vale a dire IL PIACERE”
A questa affermazione però va evidenziata la netta differenza che esiste tra il piacere di scattare che oggigiorno viene usata come scusa per giustificare foto di scarso livello, o peggio ancora giustificare enormi spese per attrezzature. L’abisso che esiste tra il piacere imposto dall’apparire e quello di Sieff è tutto in questa sua frase: “Ebbene si! Non è serio e quasi me ne vergogno, ma è stato il solo piacere a guidare le mie fantasie: il piacere fisico di poter esprimere determinate forme, il piacere delle luci che fanno diventare pazzi, il piacere di comporre e di vivere spazi e incontri, e l’aggettivo che ho utilizzato maggiormente, a bassa voce, è stato <<soddisfacente>>, che per me era sinonimo di <<INEFFFABILE>>, quindi è inutile continuare a parlarne !”
E’ questo ciò che personalmente mi porta avanti in tutto, compresa la fotografia, e non posso che sposare a pieno il suo pensiero perché è anche il mio. Un pensiero sincero, profondo e capace di azzerare qualsiasi discussione e scatenare profonde riflessioni fotografiche, e no, dentro di noi. “… quindi è inutile continuare a parlarne!”
Tutta questa genialità la trovate nelle sue fotografia e nel suo vissuto.
Consiglio a tutti un’attenta lettura della sua biografia come spunto fotografico, ne rimarrete estasiati.
S. Dalì
" Si può superare qualunque convenzione, solo se prima si può concepire di poterlo fare "
Robert Frobisher
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