Autore in Vetrina|Rokkor|08/2012


Questo mese vi proponiamo...


Il secondo fotografo che vi presentiamo nella rubrica "Autore in Vetrina" è Rokkor (al secolo Mauro Porta)...

 




IIl secondo fotografo che vi presentiamo nella rubrica "Autore in Vetrina" è Rokkor (al secolo Mauro Porta), per ben tre volte consecutive nominato "Fotografo dell'anno" di MinoltaSonyClub. Fotografo professionista di solidissime basi, nella sua attività pratica principalmente un genere (lo Still Life commerciale ed industriale) in cui la totale mancanza di difetti è d'obbligo e dove non sono ammessi compromessi sulla qualità pena l'estromissione dal mercato.E le sue foto sono lì a testimoniare le sue capacità. Ma non si cerchi nelle foto di Mauro solo la perfezione, perché, soprattutto in quelle scattate per diletto, si nota anche una profonda passione che non fatica ad emergere in superficie. Ma bando alle ciance e lasciamo la parola a Mauro per una breve presentazione.


Sono un fotografo penso ormai da sempre!
Ho iniziato a riprendere immagini nel 1973 all'età di 7 anni con una fotocamera Instamatic e da allora non ho mai smesso...

Ho 45 anni e sono Piemontese, felicemente sposato da 16 e con un bimbo di 3 e mezzo; in gioventù dopo una formazione di 4 anni presso un Istituto Tecnico dove ho conseguito un diploma di grafico pubblicitario e fotografo, ho compreso chiaramente che avrei svolto un mestiere in uno di questi ambiti. Ricordo che durante la prima lezione del corso di fotografia il mio insegnante disse: "partiamo dalla base parlando della Luce" e prendendo una scatola di thé, vi mise all'interno un pezzetto di carta sensibile e la impressionò attraverso un forellino praticato nella parte opposta. Il vedere poi quell'immagine grezza e confusa prendere forma nei bagni di sviluppo in CO generò in me una vera folgorazione: da quel momento la Fotografia divenne parte della mia vita. In quegli anni nacque anche il sodalizio con il sistema Minolta che non ho mai abbandonato; la mia prima reflex fu una spartana XG-1 con un modesto MD 50mm f2... poi seguirono nell'ordine un MD 24mm f2.8 e un MD 300mm f4.5, sempre Minolta (comprati con grandi sacrifici e tanti risparmi).

Terminati gli studi e dopo il servizio militare, nel 1986 mi buttai a capofitto alla ricerca di un possibile inserimento lavorativo e trovai uno sbocco iniziale collaborando a tempo pieno come free lance per quotidiani e settimanali della mia città, occupandomi di cronaca nera, sociale, politica sport e costume, conseguendo anche l'iscrizione all'ordine dei giornalisti-pubblicisti. In quegli anni non esisteva il digitale e si sviluppavano centinaia di metri di pellicola 35mm; ecco perché mi appassionai moltissimo alla Camera Oscura e alle sue alchimie che divennero parte integrante della mia giornata lavorativa (si scattava e si sviluppava al volo, seguendo le deliranti tempistiche dell'editoria, giorno e notte). Per il reportage serio mi comprai la titanica Minolta XM affiancata poi dalle più moderne X700, tutte equipaggiate con motordrive aggiuntivo. In seguito arrivò anche l'AF e continuai a lavorare con questo marchio utilizzando due ottime 9000 e la meravigliosa Dynax 9, corredate da lenti che utilizzo ancora oggi.

Nonostante il tipo di lavoro mi piacesse, non mi ritenevo in qualche modo pienamente soddisfatto e appagato; la frenesia di quel tipo di fotografia non mi permetteva di ricercare una sorta di perfezione e riflessione che sentivo dentro di me e che volevo trasportare anche nelle immagini che realizzavo. Il mio interesse primordiale per il design e l'architettura mi portarono a conoscere fotografi che praticavano lo still life pubblicitario e la fotografia tecnica di interni e industriale. Abbandonai gradualmente il reportage per fare da assistente ad alcuni di loro che contribuirono fortemente a trasmettermi l'amore per la sala posa e per tutte le sue componenti magiche; l'uso della luce e del grande formato mi aprirono un nuovo orizzonte, complesso ma fortemente stimolante.

Nel 1992 mi misi in proprio e cominciai un percorso professionale non facile ma che mi portò anche grande soddisfazione; pur considerandomi sempre un fotografo di "provincia", ho lavorato con clienti di alto livello e internazionali e ho spaziato tra la fotografia pubblicitaria di still life, la foto industriale e di architettura. Tratto tuttora nel mio studio vari generi come gioielleria, tecnologia, moda, food, arte contemporanea e ciò mi permette di soddisfare anche molte curiosità e, soprattutto, di non annoiarmi mai con questo mestiere. Ho realizzato anche diverse pubblicazioni e monografie per case editrici ma quella più gratificante è stata la produzione di un vero libro fotografico con traduzione trilingue sul Lago d'Orta, una perla paesaggistica della mia zona, dato alle stampe nel 2000 e che richiese molti mesi di lavoro.

Sicuramente oggi un pensiero e un ringraziamento lo devo a chi mi ha sostenuto e non ostacolato in tutti questi anni di passione e professione, non sempre facili; quindi un grazie alla mia famiglia e alla mia paziente moglie... e a mio padre che pur tenendo gelosamente alla sua Minolta srt101, fece spesso finta di non accorgersi che ogni tanto la sottraevo di nascosto, per "guardare il mondo" attraverso quello strumento così affascinante, prezioso e attraente... avevo 11 anni!

L'incontro casuale con il MinoltaSonyClub è invece avvenuto nel 2006 quando ero alla ricerca di un forum che parlasse di buona fotografia e del mondo "Minolta": da subito mi sono trovato a mio agio e da persona schiva e riservata devo dire che mi sono velocemente e piacevolmente aperto ad una comunità educata e costruttiva. Ho soprattutto riscoperto il piacere di fotografare per me stesso e per gli altri ma come appassionato e non come professionista, tornando quasi agli albori e alle emozioni dei miei primi rudimentali scatti che condividevo con amici e parenti.


Mauro Porta


Bene bene... dopo questa "sostanziosa" presentazione (quasi una biografia!), passiamo a qualche domanda per approfondire alcuni aspetti della personalità e della professione di Mauro.



Tu sei un fotografo che deve la sua formazione a studi organici della materia e ad una gavetta in quello che è uno dei settori più difficili per un fotografo, quello del foto-giornalismo free-lance. Tempi strettissimi per la consegna, (e a quell'epoca non c'era il digitale che da questo punto di vista è una vera manna ma ore di camera oscura che in quel contesto è tutt'altro che creativa) padronanza del mezzo nelle situazioni più impossibili, spesso la fisica impossibilità di ripetere uno scatto. Poi la tua attività che prosegue sempre lungo un percorso molto rigoroso.
Sarei curioso di sapere come, un fotografo della tua esperienza e capacità, si trova a parlare (sia a viva voce che scambiando idee su un forum) con una moltitudine di fotografi, figli del digitale che ahimè molto semplifica, che invece questa preparazione non hanno?


Sicuramente il periodo nel quale ho mosso i primi passi è stato importante per delineare una formazione se vogliamo di carattere, nei confronti di questo mestiere, cominciato quando ancora i tempi e le modalità erano fortemente legati a iter produttivi (scatto, sviluppo, consegna) legati al "passato fotografico" e a tempi di esecuzione insormontabili. Sicuramente lo slancio tecnologico c'è stato anche in quegli anni, per facilitare il lavoro di fotografo, ma non certo rapidamente come avviene oggi per il moderno fruitore del digitale, che tra reflex ipertecnologiche, ottiche performanti e SW sempre migliori si trova sempre più agevolato. L'attività frenetica di freelance ha sviluppato in me una certa precisione, puntualità, colpo d'occhio e adattamento, appunto determinati dal tipo di lavoro e dalle rigide ristrettezze operative; oggi mi porto dietro ancora quel tipo di atteggiamento anche se applicato ad altri generi più ponderati,come lo Still Life, la foto Industriale e di Architettura..
Ecco, forse nel confrontarmi oggi con i "figli del digitale" come li hai definiti tu, provo un po' di invidia per le ampie possibilità tecniche a loro disposizione che però, spesso, sono contrapposte ad una visione troppo artificiale e sterile del lato “immagine”; non c'è dubbio che la mancanza di esperienze legate alla fotografia del passato (nemmeno tanto lontano) e ad un certo gusto abbia impoverito le nuove generazioni di fotografi, tanto da averne mutato il modo di operare e nel giudicare gli altri e se stessi..... il discorso però è lungo e complesso e andrebbe approfondito a parte. Resta il fatto che parlandone, sistematicamente me ne rendo conto.

Non vorrei apparire come il retorico di turno, ma leggendo e frequentando alcuni forum, purtroppo mi sono accorto di questo impoverimento almeno sulla massa di giovani fotografi (non tutti ovviamente); penso che la fotografia andrebbe ragionata di più con anche una forte autocritica, proprio come si faceva in passato, quando lo scatto era unico, i materiali costosi e l'attesa per lo sviluppo un sacrificio... Personalmente mi ritengo fortunato perché nonostante anch'io usufruisca piacevolmente dei moderni mezzi digitali e ne apprezzi l'immediatezza, preferisco ancora riflettere sullo scatto e sulla sua esecuzione, sia in studio che in lavori in esterni e questo deriva sicuramente dalla mia formazione “vecchio stampo”.

Rispetto al 1992 quando decidesti di cominciare un'attività in proprio e di cambiare radicalmente genere, come è cambiato il mondo della fotografia professionale?

Sicuramente il mondo Professionale è diventato più affollato, complesso e frenetico nella gestione di tutte le fasi che portano a vivere di questo mestiere; la "corretta" concorrenza c'è e ci sarà sempre ed è anche un bene ma quello che più pesa, secondo la mia esperienza, sono i tempi di pensiero e realizzo di un servizio o scatto che si sono ridotti sempre di più. Una volta c'era più pianificazione e pazienza, si attendevano 24 ore per avere sviluppati i rulli 120 o le lastre 10x12 presso i laboratori professionali (io mandavo a Milano un corriere che "imbucava" i rulli alle 08.00 e me li riconsegnava alle 18.00 del giorno stesso). Oggi si scatta spesso a ridosso della consegna e ci si confronta via mail con il cliente (a volte impreparato perché non si serve di altri interlocutori come agenzie o grafici…) in tempo reale e con una frenesia che ti porta a fare errori, se non sei ben preparato... Inoltre la PP, pur con le sue ampie e apprezzate possibilità, aggiunge tempo alla gestione dell’insieme e spesso non viene considerata dai clienti e, di conseguenza, mal compensata.

Devo dire, a posteriori, che alcuni colleghi che in passato hanno apriorisricamente rifiutato l’idea del passaggio al digitale, rendendo come certa la convinzione che la pellicola non sarebbe tramontata mai, hanno fatto un errore di valutazione non privo di conseguenze pesantissime. Io passai gradualmente al digitale nel 2004 e ne vidi subito le potenzialità, seppur acerbe per l’epoca e oggi, che siamo arrivati al culmine qualitativo, non ne sono per nulla pentito.

E quali sono, in un momento di evidente crisi un po' per tutti, le prospettive per il tuo lavoro di fotografo?

Questa domanda è dura… siamo attualmente in un momento difficilissimo e, in tanti anni di lavoro Professionale, ricordo qualche cosa di simile risalire solo agli anni 90’; purtroppo l’attività di fotografo in generale è divenuta ardua soprattutto in certi settori dove la concorrenza sleale è forte e consolidata. Inoltre la pressione fiscale ha raggiunto livelli tali da essere scoraggiante sia per un giovane fotografo che si vuole affacciare in questo mondo e diventare imprenditore di se stesso, sia per chi ormai lo è da anni. Aggiungo che a questa già dura realtà, si affianca un impoverimento culturale nei confronti della figura del fotografo, in Italia, tale da aggravare ulteriormente la nostra posizione.
Le prospettive di rilancio del mercato dell’immagine ci sarebbero ma si sente un freno tangibile che fa un po’ temere una futura ulteriore contrazione; io stesso da gennaio ad oggi ho notato questo fenomeno, lavorando prevalentemente con medie e grandi Aziende con le quali ho rapporti consolidati da tempo. Anche nel settore del privato (matrimonialisti e cerimonie-eventi in genere) mi risulta una sensibile caduta, sicuramente prolifica per il mercato dell’abusivismo che qui, più che in altri settori, è ancora forte e in crescita costante.

Credo che si debba tenere duro e far fede sulla propria preparazione e passione per poter cogliere nuovi segnali di slancio e di ripresa, nella Fotografia Professionale.

Alla luce di queste considerazioni consiglieresti ad un giovane la carriera di fotografo (naturalmente intendo un/una giovane ben preparato/a) oppure ritieni che, essendo "la reflex" diventata praticamente un bene di consumo né più né meno di un telefonino e la possibilità di ottenere fotografie tecnicamente decenti alla portata praticamente di tutti, questa strada sia alla lunga senza sbocchi?

Posso solo consigliare di avere idee chiare su dove voler operare e tanta autocritica, abbinate ad un carattere duttile e paziente perché è fondamentale per affrontare una serie di problemi collaterali alla Professione. Altro consiglio personale è di “specializzarsi” in un settore primario pur rimanendo aperti ad altri generi; io per esempio ho scelto di lavorare principalmente con lo Still Life affinando sempre più le mie capacità, ma affiancando anche settori come l’Industriale e l’Architettura e non disdegnando il reportage.
Il pensare poi che una reflex digitale o altro moderno strumento di acquisizione sia la soluzione definitiva e che chiunque possa fare del professionismo mi suona strano; certo questa è la tendenza e la convinzione in questo mondo malsano ma il mezzo non può essere tutto e fine a se stesso. Questo modo di pensare, tutto italiano, nei confronti della fotografia è una caduta culturale e di rispetto per chi ha affinato in anni e anni di lavoro e apprendimento una sensibilità ed una grande esperienza. Vedo “spesso” per esempio nello Still Life delle immagini prive di tutti i fondamenti come luce corretta o emozionale, composizione, gusto… eppure sono fatte con attrezzature digitali all’avanguardia (spesso costosissime) che dovrebbero garantire perfezione e facilità… Non credo che ciò basti se dietro non c’è un occhio allenato a concertare i vari elementi che concorrono a creare un’immagine degna di essere apprezzata, pubblicata (e pagata!).

Tornando alla domanda iniziale, gli sbocchi Professionale ci sarebbero ma a fronte di una preparazione accurata e motivata che non può risolversi con qualche workshop o corso full immersion di Photoshop; ci vuole ben altro e questo altro va ricercato anche dentro di noi, nelle nostre prospettive e in come vogliamo vivere questa professione, ripeto, non facile oggi più che mai, proprio a causa anche della diffusione di false verità e false convinzioni date dalla parola “digitale”!

Tu, fotografo professionista in un settore esigente come quello della foto industriale e still-life per cataloghi e pubblicità, usi un corredo basato sul sistema a baionetta Alpha, cioè Minolta e ora Sony e vecchi, anche se gloriosi, obiettivi Minolta. Tralasciando il medio formato per ovvi motivi di non comparabilità anche come costi, come ti trovi in un ambiente dominato dal "duopolio" Canon-Nikon?

Rispondendo subito al finale della tua domanda... mi trovo benissimo, nonostante la continua sorpresa dei miei colleghi (tutti appartenenti al duopolio) quando gli descrivo come ho realizzato i miei scatti!! Nel mio settore dove sono prioritari nitidezza e forti ingrandimenti e comunque un’alta qualità generale, la clientela guarda alla sostanza (e ti paga di conseguenza) senza giudicarti dal brand che usi. Prima di arrivare alla fase finale, dove poi ho le mie personali soddisfazioni, ovvero sfogliare un vero catalogo cartaceo in A3+ oppure guardare cartelli vetrina 70-100cm o gigantografie per stand, i miei file passano attraverso il vaglio di molti “occhi” esperti e imparziali quali grafici di agenzie e tipografi che sono una categoria pignola per natura (aggiungo giustamente…); il fatto di avere sempre riscontri positivi da queste figure professionali, accresciuti da quando utilizzo i 24mp, è un gran conforto e la conferma a un mio modo di operare, seppur controtendenza. Sto aspettando di vedere cosa SONY proporrà con le future FF ma potrei anche decidere di prendermi una seconda A900 che ormai conosco bene e so di cosa è capace e dove arrivano i suoi limiti d’età.

Certamente il corpo non è tutto da solo e le ottiche sono poi la scelta vincente per delineare nitidezza, colori, plasticità, ecc.; avendo da sempre un sistema abbastanza articolato di ottiche MINOLTA costituito principalmente da fissi e zoom di classe "G", non ho sentito l’esigenza, nel mio campo di lavoro, di aggiornare l’intero parco ottiche in funzione del digitale. Ormai sono 20 anni che uso queste ottiche e non mi sono fatto tentare nemmeno dalle pregevoli lenti Zeiss che seppur aggiornate, all'atto pratico non mi farebbero fare un sostanziale salto in avanti.



Le tue foto sono da tutti ritenute un concentrato di perfezione tecnica e di passione (i tuoi straordinari reportage con il telefonino sono lì a testimoniarlo), il mistero è come, dopo 25 anni di carriera, tu riesca a mantenerla così viva e fresca. C'è un segreto?


Vi ringrazio innanzitutto per l’apprezzamento che in questi anni, molti di voi mi hanno trasmesso. Non credo di avere segreti particolari per alimentare la mia passione dopo così tanto tempo dedicato alla fotografia; forse non mi sono ancora stancato di vedere con occhi personali ciò che mi circonda… ecco forse il “vedere” per poi pensare una fotografia o un reportage, è la costante che contraddistingue i miei lavori. Molte volte anche solo posando uno sguardo su cose e verso situazioni anche apparentemente banali, mi porta in seguito a realizzare un reportage che poi, per me, è un’analisi visiva di un pensiero tramutato in fotogrammi legati tra loro. A volte questo processo può essere lungo oppure immediato, come accadde nei reportage con il cellulare, cerco di non sottovalutare ciò che a prima vista sembra privo di fascino o degno di essere raccontato in fotografia; certamente una volta trovato il percorso da seguire, mi avvalgo di “potenti e moderni strumenti tecnologici” che ho per concretizzare questi pensieri, ovvero tempi, diaframmi e illuminazione. Senza l’uso creativo di essi l’idea si spegne sul nascere e non può prendere forma.

La mia speranza futura è di non perdere mai questa visione ampia e una mia certa emotività e di saper sempre cogliere un motivo per scattare una fotografia interessante; al contrario, la mia più grande paura è quella di diventare banale e di cedere a rappresentazioni inflazionate, sterili seppur di facile consenso.


Concludendo, un saluto ai cari Amici di MSC e un ringraziamento allo Staff per avermi gentilmente dedicato del tempo e uno spazio personale con queste interessanti domande.

Mauro


Grazie Mauro per la tua disponibilità a parlarci di te e della tua professione.

A cura di Riccardo Prontelli (Rigoletto)

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